marijuana messico

La marijuana si apre un varco in Messico: presente, passato e futuro della lotta per la legalizzazione

  • Il dibattito ritorna attuale: la capitale del Messico sarà in grado di regolare il consumo di marijuana? Tra le altre cose in gioco ci sono anche mettere fine alla violenza, alle scomparse e al perseguire da parte della polizia; o evitare che i consumatori possano avere accesso a droghe più pesanti. Destra e sinistra troveranno un accordo per prendere delle decisioni su una questione così importante? Le scommesse sono aperte. 
marijuana messico

La vendita di droghe, il crimine organizzato, la pirateria, la tratta di esseri umani, l’estorsione da parte della polizia o la violenza sono alcune delle conseguenze del ricorrere al mercato nero per procurarsi marijuana nel Distretto Federale. Per questo i legislatori federali e locali del Partito della Rivoluzione Democratica (PRD), la sinistra politica a capo del governo, hanno preso le redini della situazione alla ricerca di una soluzione. Questa settimana hanno presentato una proposta di legge nel corso dell’assemblea locale il cui principale obiettivo è regolare il consumo di cannabis nel Distretto Federale, dove genera circa 28 milioni di dollari all’anno.

Ecco le parole del membro dell’assemblea del PRD Vidal Llerenas, “entrare nel dibattito della legalizzazione o della regolarizzazione a Città del Messico può aiutare ad avere idee più ambiziose a livello federale, come ad esempio riconoscere l’utilizzo a scopo medicinale della marijuana, riclassificarne l’utilizzo, aumentare le quantità che è lecito portare e dare agli enti la capacità di regolarne l’uso”. 

Per questo nei prossimi giorni verrà presentata nel Parlamento Federale una seconda proposta per aumentare la quantità legale di marijuana che una persona può portare con sé. In concreto, si vuole aumentare da cinque a trenta grammi la quantità di marijuana che si può portare senza rischi di sanzioni, e fino a cinque kilogrammi la quantità da poter dedicare alla compravendita. Inoltre, si propone di aumentare le competenze degli stati riguardo alla sua regolamentazione e di studiare gli usi a fini medicinali dell’erba. Su tutti questi elementi si sta già lavorando.

Con la legge in mano

Al giorno d’oggi, le leggi messicane stabiliscono che “la cannabis sativa, indica o marijuana” può essere utilizzata “per uso personale a condizione che non superi i cinque grammi, in tutte le sue forme, derivati o preparazioni”. In ogni modo, il Codice Penale del Distretto Federale consente di infliggere pene fino a venticinque anni a coloro che producono uno qualsiasi dei narcotici indicati, o a coloro che collaborano al finanziamento di delitti ad essi correlati. Questo è quanto si vorrebbe modificare.

L’altro documento proposto mira a ridurre i rischi derivati dall’uso di queste sostanze, così come mitigare il perseguimento da parte della polizia. Sebbene rappresentino un passo in avanti, le proposte non sono assolutamente volte a legalizzare la marijuana per il consumo a fini ricreativi, sono invece dirette a questioni riguardanti la sanità pubblica e la sicurezza.

Quanto si propone è che, avendo delitti più gravi da risolvere - come ad esempio omicidi, furti o stupri – si dia la priorità a perseguire questi ultimi di modo tale che le autorità non dedichino il proprio tempo a indagare su questioni più superflue, come potrebbero essere i delitti provenienti da consumi minimi di marijuana.

Inoltre, si creerebbero dei centri di distribuzione legali per potersi procurare la cannabis ma, attenzione, non per farne uso. Questo favorirebbe la separazione dei mercati, evitando che si acceda ad altre sostanze nel tragitto verso la marijuana. Chi la distribuisce, comunque, dovrà assicurarsi che la droga non sia alterata, e garantire il “diritto all’informazione” degli utenti sui danni che, secondo le autorità, essa potrebbe produrre. Certo, però, da tutto questo emerge una preoccupazione condivisa: esiste il rischio che la marijuana distribuita provenga da organizzazioni criminali. 

Lunga lotta contro i cartelli della droga

Il dibattito sulla legalizzazione della marijuana e tutto ciò che la riguarda viene da lontano. Già nel 2005 il presidente Vicente Fox inviò una proposta alla camera dei deputati con l’intenzione di rendere illegale l’autoconsumo di cannabis. La richiesta fu approvata nell’aprile del 2006, dopo varie riforme, ma la legge venne poi respinta poco dopo.

Il dibattito di inasprì fino a raggiungere limiti insospettabili durante la presidenza di Felipe Calderón (dal 2006 al 2012), che dichiarò guerra ai cartelli della droga in quelli che furono chiamati “i sei anni della morte”. Calderón sviluppò una dura politica contro il consumo, la vendita e la distribuzione di droga che provocò una profonda instabilità sociale in città come Ciudad Juárez, Monterrey o Veracruz.

Disgraziatamente, quest’azione seminò lungo il cammino milioni di morti. Secondo le organizzazioni del Movimento per la Pace, la cifra dei defunti ha raggiunto quota settantamila durante quel periodo. La Commissione Nazionale dei Diritti Umani (CNDH) parla di più di duemila casi di persone scomparse nel paese.

Legalizzare, una possibile soluzione

Alcuni riuscirono a vedere la legalizzazione come l’unica soluzione a questo gravissimo problema. Di fatto, nel 2009, il già ex-presidente Fox cambiò quella che era stata la sua politica fino ad allora e si trasformò nel gran difensore della depenalizzazione, e persino della commercializzazione, della cannabis. “La marijuana, con l’ausilio di un controllo e di una regolamentazione adeguati, può essere perfettamente una industria legale operativa, che sottrarrà milioni e milioni di dollari ai criminali, ha affermato Fox.

Nel 2009, Felipe Calderón riformò la “Legge Generale sulla Salute”, stabilendo che non si sarebbe realizzata alcuna azione penale, in tutto il paese, contro i consumatori in possesso di una quantità fino a cinque grammi. Ad una condizione: si sarebbe consigliato loro di partecipare a uno dei programmi esistenti contro le dipendenze. Dei programmi che, a loro volta, sarebbero diventati obbligatori al terzo arresto.

Fino ad ora, la legalizzazione della marijuana è ancora un tabù in Messico. Coloro che sono a favore argomentano che la cosa attaccherebbe in modo diretto il narcotraffico, darebbe un contributo al turismo – come è avvenuto a Seattle o a Denver - e si ripercuoterebbe in modo positivo sul territorio messicano. Difatti, Fox ha dichiarato che il Messico potrebbe diventare un paese produttore, in grado di esportare ad altri paesi in cui il consumo è già stato depenalizzato.

“No alla regolamentazione”

I sostenitori delle attuali proposte sostengono di aver analizzato la situazione di Colorado, Washington e Uruguay, luoghi in cui si è legiferato per depenalizzare il consumo di cannabis. Per il momento, però, il pacchetto di iniziative dovrà essere discusso a partire dal 1 marzo nell’ambito dell’Assemblea Legislativa del DF, quando avrà inizio il periodo ordinario di sessioni.

Sarà più che altro un qualcosa di simbolico, poiché indipendentemente dal risultato le cose continueranno ad essere come lo sono ora. L’Assemblea non ha il potere di decidere su questo argomento, dunque anche se l’iniziativa dovesse andare in porto, la produzione di marijuana continuerebbe ad essere un delitto nella capitale del Messico.

Si tratta solo di un modo per dare un impulso al dibattito nel Parlamento federale, l’unico organismo con la facoltà di depenalizzare la marijuana. Ma il PRD, promotore di queste iniziative, conta con un appoggio debole al Congresso e al Senato, il che renderà molto difficile tale approvazione.

Difatti, Mercedes Juan López, segretaria del dipartimento di Salute del Governo, ha già anticipato che continueranno ad opporsi alla depenalizzazione. “Dal punto di vista della salute pubblica riteniamo che non sarebbe conveniente pensare di tenerla come una sostanza da poter consumare senza alcun tipo di regolamentazione”, ha affermato, facendo appello ad argomenti riguardanti il presunto carattere nocivo della marijuana e il pericolo circa il fatto che potrebbe diventare una porta d’accesso ad altre droghe.

In Messico la legalizzazione della marijuana è una questione spinosa, ma il paese dovrà prendere dei provvedimenti contundenti quanto prima, soprattutto nella cornice di una America Latina pioniera, con l’Uruguay in testa, per quanto riguarda la legalizzazione della cannabis come un modo di porre la parola fine alla corruzione e allo spargimento di sangue. 

Sostegno ai provvedimenti

Alcuni ex-presidenti sudamericani, come Ernesto Zedillo (Messico), Ricardo Lagos (Cile), Fernando Henrique Cardoso (Brasile) e César Gaviria (Colombia) hanno dimostrato il proprio sostegno all’iniziativa inviando una lettera a Miguel Ángel Mancera (Capo di Governo del Distretto Federale). In quest’ultima, gli ex dirigenti riconoscono che il dibattito al centro dell’attenzione in questi giorni dovrebbe estendersi a tutta la regione. Nella lettera è possibile leggere quanto segue:

“Attraverso la presente ci rivolgiamo a lei per esprimerle i più sinceri complimenti di coloro che qui sottoscrivono per l’impegno e la leadership dimostrati dai poteri esecutivo e legislativo del Distretto Federale nel progetto generale riguardante il miglioramento delle politiche e le leggi sulle droghe”. 

Anche nel 2012 i sopra citati sostennero un cambiamento nel modo di affrontare la lotta contro il narcotraffico. All’epoca espressero in un documento ciò che per loro avevano rappresentato quattro decenni “inutili” di lotta in cui, inoltre, proponevano di “regolamentare”, e non di “legalizzare” le droghe: “40 anni di sforzi immensi non sono riusciti a ridurre né la produzione né il consumo di droghe illegali. In Messico e nell’America Centrale, la violenza e la corruzione associate al traffico di droghe rappresentano una minaccia alla sicurezza dei cittadini e alla stabilità democratica”.

Hanno, inoltre, affermato che gli avvenimenti erano “reiterati” e parlavano “da soli”. Nella “guerra contro le droghe “capeggiata dagli Stati Uniti, hanno giocato un ruolo importante lo “sradicamento della produzione, il divieto del traffico e la criminalizzazione del consumo”. Ma la loro politica non ha funzionato, ed è stato pagato un alto prezzo in termini di vite umane. “Finché ci sarà domanda di narcotici, ci sarà offerta. Gli unici a beneficiare del proibizionismo sono i narcotrafficanti”, hanno affermato nel documento scritto.

Oggi, a distanza di due anni, mantengono la loro parola e continuano con un sostegno indiscutibile a promuovere nuove misure efficaci per risolvere il problema. 

24/02/2014

Commenti dei nostri lettori

Non ci sono commenti ancora. Vuoi essere il primo?

Lascia un commento!

Contatto

x
Contattaci