Come si sintetizza il CBD?

  • Negli ultimi anni, la comparsa delle varietà ricche di CBD ha profondamente trasformato le dinamiche del mercato della cannabis. 
  • Questo cannabinoide presente nella composizione della pianta è diventato famoso per le sue proprietà medicinali, ma anche per le sue numerose applicazioni in ambito ricreativo.
  • Prima di immettere una varietà nuova sul mercato, a Dinafem Seeds analizziamo e selezioniamo il suo contenuto di cannabinoidi e terpeni, in quanto solo così possiamo garantire che entrambi i profili siano in linea con i nostri parametri di qualità. 
  • Crediamo nell’importanza della precisione e della ricerca sulla composizione della pianta. In questo articolo, i nostri tecnici di laboratorio vi raccontano come si sintetizza il CBD.

Ormai è ampiamente riconosciuto che, come descrisse Leonard Fuchs nel Cinquecento (1), la Cannabis è un genere monotipico composto da una sola specie: la Cannabis sativa. Ciò non toglie, però, che come risultato dei processi di breeding e selezione, nel corso degli anni siano state sviluppate un gran numero di varietà, prevalentemente per il mercato ricreativo, dove spiccano nomi quali Critical + 2.0Original AmnesiaSkunk.

Oggi, invece assistiamo ad una proliferazione dei programmi di allevamento che mirano alla cannabis medicinale e che si concentrano dunque sui diversi cannabinoidi, essenzialmente sul cannabidiolo (CBD), ma anche su altri quali i la cannabidivarina (CBDV) o il cannabigerolo (CBG). Per uso ricreativo o medicinale che sia, le varietà risultati contengono gli stessi cannabinoidi ma in proporzioni diverse, motivo per il quale sarebbe sicuramente più adeguato parlare di "chemiovar" anziché di cultivar, così come sarebbe preferibile classificare le diverse varietà sulla base de loro contenuto di cannabinoidi e non in funzione del fenotipo.

Non a caso, è la proporzione di cannabinoidi e terpenoidi ciò che le rende uniche. Generalmente, queste sostanze si accumulano nella cavità secretoria dei tricomi ghiandolari, che si trovano prevalentemente nei fiori e nelle foglie delle piante femmina, e sono i responsabili del loro aroma, sapore ed effetto (2). Detto ciò, i terpeni si trovano anche nelle radici, mentre nei semi, nel polline e, ancore, nelle radici, è possibile trovare tracce di cannabinoidi.

Negli ultimi anni, alcune banche di semi quali Dinafem Seeds hanno intrapreso progetti di breeding volti a sviluppare varietà ricche di CBD, in quanto il cannabinoide, sempre più in voga, contiene proprietà molto interessanti sia dal punto di vista medicinale che da quello ricreativo. 

Quando è stato scoperto il CBD?

Il cannabidiolo è stato isolato nel 1940 (Adams) e nel 1963 è stato identificato per la prima volta (Mechoulam and Shvo) (3). La sua struttura chimica è molto simile a quella del THC, permettendo, in condizioni di acidità, di ottenerne l'isomerizzazione, ovvero la trasformazione del CBD in THC tramite una reazione chimica. Questo fenomeno, però, non si verifica nell'organismo umano, poiché il pH gastrico non è abbastanza acido da scatenarne la reazione.

A tutt'oggi, sono stati scoperti e documentati oltre 113 cannabinoidi, sebbene alcuni di essi siano prodotti della degradazione che si trovano nella pianta in quantità infinitesimali (4). In questo articolo ci concentreremo sulla sintesi del CBD.

Come si sintetizza il CBD?

Le ricerche scientifiche degli ultimi anni ci hanno permesso di comprendere meglio come avviene il processo di biosintesi che porta alla produzione di cannabinoidi. Inoltre, è stato dimostrato che questi composti ed i terpenoidi hanno lo stesso precursore, l'isopentenil pirofosfato (IPP, proveniente da acidi grassi), e sono dunque chimicamente correlati (5). Questa similitudine strutturale spiega come mai il beta-cariofillene (sesquiterpenoide) si leghi al recettore CB2 per produrre effetti sull'organismo, ed è anche il motivo per il quale l'assunzione di acidi grassi è in grado di alterarne il livello di cannabinoidi.

La biosintesi del CBD avviene nei tricomi, delle strutture ghiandolari unicellulari a forma di piccolo pelo che si trovano nell'epidermide della pianta. Il processo presenta caratteristiche in comune con la biosintesi dei terpeni, motivo per il quale si ritiene che siano molecole affini. La biosintesi del CBD avviene tramite la reazione dell'acido olivetolico e del geranil pirofosfato, ed è condizionata dall'azione dell'enzima CBDA sintasi. Questo processo porta alla produzione di CBDA, una forma acida del CBD che agisce come precursore del cannabinoide. Il CBDA si trova prevalentemente nella cannabis fresca, ed è tramite la decarbossilazione (eliminazione del CO2) che si ottiene il CBD. In genere, questo processo avviene in presenza di temperature elevate, per azione dei raggi UV o come risultato di uno stoccaggio prolungato. 

È per questo che il CBDA si trova principalmente nella cannabis fresca, mentre il CBD viene prodotto durante l'essicazione o quando si fuma. Come abbiamo già visto, l'IPP può determinare la produzione sia di cannabinoidi, sia di terpeni. Nel caso dei cannabinoidi e dei monoterpeni, l'IPP si trasforma prima in geranil pirofosfato (GPP), mentre per produrre sesquiterpeni viene convertito in farnesil pirofosfato (FPP).

Consecutivamente, questi precursori reagiscono con diversi composti ed enzimi a seconda della via biosintetica. In questo modo, vengono creati due cannabinoidi principali, i composti acidi CBGVA e CBGA, che in un secondo tempo vengono sintetizzati in altri cannabinoidi acidi attraverso varie vie: la CBDA sintasi produce CBDA; la THCA sintasi, THCA e la CBCA sintasi, CBCA. I geni responsabili dell'espressione di questi enzimi si trovano nelle piante in proporzioni variabili, dando luogo a produzioni di cannabinoidi diverse e facendo sì che ogni varietà abbia un profilo di cannabinoidi unico.

È su questo aspetto che si stanno concentrando i programmi di breeding e selezione. Il lavoro dei breeder consiste appunto nell'incrociare piante che presentino tratti desiderabili in modo da ottenere generazioni nuove contenenti il gene responsabile di tale tratto e, dunque, anche il profilo di cannabinoidi desiderato. Infine, dopo la corretta essicazione e concia dei fiori, senza eccessi di luce né di temperatura, i cannabinoidi in essi contenuti si troveranno principalmente nella loro forma acida.

Non essendo una reazione enzimatica, la decarbossilazione dei cannabinoidi (perdita del gruppo COOH) viene considerata un processo di degradazione. Questo può avvenire nella pianta stessa, anche se nella maggior parte dei casi si verifica quando si fumano i fiori o quando si infornano per la preparazione di edibles, momento nel quale vengono prodotti THC, CBD, CBC e CBG, le forme attive dei cannabinoidi. Un altro prodotto ottenuto per degradazione è il CBN, il quale si sintetizza a partire dal THC e costituisce un chiaro segnale del deterioramento della pianta (6).

Grazie allo sviluppo scientifico, le piante di cannabis e i loro processi di biosintesi non sono più l'unica fonte esistente per l'ottenimento di cannabinoidi. Alcuni microrganismi quali i lieviti ed i batteri possono essere geneticamente modificati in modo da essere spinti a produrre cannabinoidi tramite l'inserimento dei geni codificanti gli enzimi responsabili di generare il composto desiderato (7). Il processo riveste un grande interesse per il mercato medicinale, in quanto consente di sintetizzare un cannabinoide o gruppo di cannabinoidi concreti e, dunque, anche lo sviluppo di farmaci standardizzati e con un elevato livello di purezza, un'aspirazione di difficile attuazione quando i cannabinoidi vengono estratti dalle piante od ottenuti tramite sintesi chimica.

Resta da vedere se la tecnica potrà ad un certo punto essere applicata su larga scala in modo che la produzione di cannabinoidi tramite microrganismi sia sostenibile in termini di costi. Allo stato attuale, l'ottenimento di grandi quantità di questi composti è infatti la principale sfida da affrontare.

 

 

  1. Hazekamp. Chemistry of Cannabis. Comprehensive Natural Products II. (Eds: L. Mander, H-W. Lui). Elsevier, Oxford, 2010, 3, pp. 1033-1084.
  2. Hazekamp; J.T. Fichedick. Cannabis – from cultivar to chemovar. Drug. Test. Anal. 2012, 4, 660-667.
  3. G. Pertwee. Cannabinoid pharmacology: the first 66 years. Br. J. Pharmacol. 2006, 147, S163-S171.
  4. Aizpurua-Olaizola, et al. Evolution of the Cannabinoid and Terpene Content during the Growth of Cannabis sativa Plants from Different Chemotypes. J Nat Prod. 2016, 79, 324-331.
  5. Russo. Taming THC: potential cannabis synergy and phytocannabinoid-terpenoid entourage effects. Br J Pharmacol. 2011, 163, 1344–1364.
  6. Aizpurua-Olaizola, et al. Identification and quantification of cannabinoids in Cannabis sativa L. plants by high performance liquid chromatography-mass spectrometry. Anal Bioanal Chem. 2014, 406, 7549-7560.
  7. L. Poulos; A.N. Farnia. Production of cannabinoids in yeast. US20160010126A1 patent, 2017.
05/02/2019

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