Legalidad del CBD

Acquistare la cannabis nei negozi? Lo status legale del CBD a livello internazionale

  • La cannabis continua ad essere considerata una sostanza prevalentemente pericolosa. È quanto rispecchiano le normative dei vari paesi e anche l'ordine giuridico internazionale.
  • Così, le grandi organizzazioni sopranazionali stabiliscono limiti e restrizioni che gli Stati membri devono rispettare. È il caso delle Nazioni Unite, che definisce la cannabis, e in particolare il THC, una sostanza pericolosa che va controllata.
  • Il CBD, invece, gode di maggiore considerazione grazie alle sue applicazioni terapeutiche dimostrate. Ma è possibile acquistare la cannabis nei negozi? L’assenza di una normativa chiara su questo composto, sia a livello nazionale, sia internazionale, può costituire un ostacolo per la commercializzazione.
Legalidad del CBD

Negli ultimi anni, i numerosi studi che evidenziano i benefici del CBD hanno determinato un aumento della domanda del composto. Il suo status legale, però, resta comunque ambiguo.

Il cannabidiolo (CBD) è una sostanza naturale, sicura e non psicoattiva, ma il suo legame con la pianta di cannabis continua a creare confusione, e suscita discussioni accese. La situazione è assai complessa, e si articola attraverso tutta una serie di variabili. Infatti, il CBD è legale in molti paesi dove la cannabis resta una sostanza proibita, il che significa che anche le varietà ricche di CBD che contengono un piccolo quantitativo di THC possono essere ritenute illegali.

Oltre che dalla cannabis, il CBD può essere ricavato anche dalla canapa industriale, una coltura del tutto legale che viene coltivata per la produzione di fibra e semi. La differenza tra cannabis e canapa riguarda sostanzialmente il contenuto di THC, dal momento che entrambe le piante sono varietà della stessa specie. Mentre la cannabis è stata ibridata selettivamente lungo gli anni allo scopo di ottenere quantità sempre maggiori di THC, il cannabinoide psicoattivo, la canapa industriale presenta concentrazioni elevate di CBD e contiene in genere meno dello 0,3 di THC, una percentuale molto ridotta.

Inoltre, l'estrazione di CBD dalle piante di cannabis e l'isolamento del composto come integratore è tecnicamente legale in un gran numero di paesi. Il grande paradosso giuridico sta nel fatto che se il prodotto viene fabbricato in una regione in cui la cannabis è legale e viene poi spedito in luoghi dove la pianta è illegale ma il CBD è consentito, il prodotto di CBD verrà considerato legale data la mancanza di THC. Lo status giuridico internazionale del composto riveste dunque un'importanza fondamentale sia per l'industria, sia per i consumatori.

Frascos con CBD

Nazioni Unite: la Convenzione di Vienna del 1971

Nella sfera internazionale, non si può tralasciare la posizione adottata dalla più importante tra le organizzazioni sopranazionali: le Nazioni Unite. 

Nel 1961 fu approvata la Convenzione unica sulle sostanze stupefacenti, in base alla quale le estrazioni dei fiori della pianta di cannabis devono essere sottoposte a supervisione a prescindere dal contenuto di THC e anche dalla finalità, ovvero l'ottenimento di CBD, sostanza non controllata, o di THC, sostanza controllata, e cioè illegale. Questo perché entrambi i composti vengono ricavati dallo stesso fiore.

Nel 1971, poi, le Nazioni Unite adottarono la Convenzione di Vienna, un trattato per il controllo delle sostanze psicoattive quali la cannabis. Sorprendentemente, il CBD non fu mai incluso nel testo come sostanza da controllare.

L'OMS aggiorna la sua posizione

Recentemente, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l'agenzia delle Nazioni Unite specializzata nella gestione delle politiche di prevenzione, promozione ed intervento in questioni sanitarie a livello mondiale, si è schierata in favore della cannabis.

Organización Mundial de la Salud

Infatti, l'organismo sta lavorando per dare impulso alla modificazione della normativa internazionale, che allo stato attuale non prevede l'utilizzo della cannabis in nessuna delle sue forme. A tale scopo, lo scorso mese di giugno è stata pubblicata una versione riveduta del loro studio sulla pianta, contenente le conclusioni raggiunte dal comitato di esperti sulla dipendenza da droghe. Tra queste, il fatto che, in base alle ultime scoperte, il consumo può essere positivo in determinate circostanze.

L'OMS ha affermato che la cannabis è una 'droga relativamente sicura' e ha esortato l'ONU a riclassificare la pianta nella lista delle sostanze proibite

E nonostante gran parte delle conclusioni favorevoli riguardino il CBD, evitando di attribuire lo stesso valore terapeutico agli oltre 200 composti cannabinoidi che fanno parte della pianta, il rapporto costituisce pur sempre un importante passo avanti. Non a caso, il comitato di esperti responsabile del testo ha la competenza di formulare raccomandazioni per l'ONU sulle linee di azione da seguire.

La frammentazione normativa dell'Unione Europea

La principale caratteristica della normativa europea in merito è la frammentazione. In assenza di un meccanismo che permetta di conciliare le variegate normative nazionali, in alcuni Stati membri dell'Unione Europea, i prodotti con CBD derivati dalla cannabis possono essere considerati integratori alimentari, mentre in altri non sono in alcun modo permessi.

Parlamento Europeo

Una disparità che si traduce in una situazione fortemente contraddittoria. Infatti, secondo una sentenza della Corte di giustizia europea, del 5 marzo 2009, stando al principio di libera circolazione e di unità del mercato, è possibile acquistare prodotti derivati dal CBD nei paesi in cui la produzione non è consentita; basta che il prodotto sia stato fabbricato legalmente in un paese la cui normativa ne preveda la produzione.

Così, la Svizzera è stato uno dei primi stati a decriminalizzare la cannabis light, che dal 2011 può essere acquistata non solo nei grow shop ma anche in edicola o in tabaccheria, e addirittura in alcuni supermercati Lidl, purché il contenuto di CBD sia elevato ed il THC non superi l'1%. Un contesto che ha permesso a Dinafem di concludere un accordo con l'impresa svizzera Ivory per la commercializzazione congiunta di nuove genetiche di CBD puro.

Il principio di libera circolazione e di unità del mercato permette di acquistare prodotti derivati dal CBD nei paesi in cui la produzione non è consentita

Ma la Svizzera non è il solo paese ad aver adottato misure flessibili in materia di CBD. In Italia, ad esempio, la cannabis può essere consumata e commercializzata finché il contenuto di THC non superi lo 0,6%, e dallo scorso anno oltre 130 esercizi sono stati autorizzati a vendere determinate varietà ricche di cannabidiolo; circostanza, questa, che è servita alla comunità della cannabis per rivendicare una maggiore permissività nei confronti del consumo. 

In Francia, invece, come decretato dalle autorità alla fine dello scorso anno, le condizioni per la commercializzazione di prodotti con CBD prevedono che il contenuto di THC non superi lo 0,2%. C'è da dire, però, che questa soglia riguarda le piante e non il THC presente nel prodotto finale, il che rende i prodotti contenenti THC illegali a prescindere dalla quantità. La normativa, poi, fa riferimento ai semi e alle fibre, non ai fiori o cime, motivo per il quale la cannabis light, che in sostanza non è altro che cime, è illegale indipendentemente dal contenuto di THC. 

La confusa situazione della Spagna

Anche se la giurisprudenza è favorevole, la mancanza di un orientamento chiaro da parte delle istituzioni comunitarie si traduce in una forte insicurezza giuridica. Infatti, l'acquisto di CBD nei suoi diversi formati, tra cui farmaci ed integratori, è stato consentito in Spagna da anni, e ora l'agenzia spagnola per la sicurezza alimentare (AECOSAN) ne ha vietato la distribuzione su richiesta dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Una situazione che, a quanto pare, andrà avanti fino a quando l'Unione Europea non introdurrà una norma mirata a chiarire la situazione giuridica del CBD che si adegui alle linee guida dell'EFSA, l'agenzia incaricata di regolamentare quanto riguarda l'alimentazione a livello europeo, integratori compresi.

L'UE ha vietato la distribuzione dei prodotti con CBD fino a quando la sostanza non verrà regolamentata

Così, l'AECOSAN si è rivolta alle imprese incaricate della produzione e distribuzione dei prodotti con CBD e le ha esortate a sospendere la loro attività fino a quando l'Europa non avrà regolamentato in merito. Di conseguenza, negli ultimi mesi si è osservata una maggiore presenza della polizia nei laboratori e magazzini, dove gli agenti hanno proceduto al ritiro della merce immagazzinata. 

Ciò non vuol comunque dire che il CBD sia stato vietato in maniera definitiva, ma soltanto fino a quanto l'Unione Europea avrà adottato una posizione chiara in merito. Come primo passo, lo scorso mese di giugno è stata presentata una Risoluzione del Parlamento Europeo (2018/0000(RSP)) nella quale si evidenzia la necessità che la Commissione e le autorità nazionali stabiliscano una chiara distinzione tra l'uso medicinale della cannabis e le altre applicazioni della pianta. La proposta è stata approvata il 1° ottobre e verrà sottoposta a votazione da parte del Parlamento nei prossimi mesi.

In definitiva, pare chiaro che le istituzioni ed amministrazioni sia nazionali, sia internazionali si siano finalmente mobilitate allo scopo di introdurre una normativa coerente ed in linea con le evidenze scientifiche riguardanti la cannabis ed il CBD. Evidenze, queste, che dimostrano l'elevato potenziale terapeutico della sostanza e che senz'altro determineranno un aumento della domanda. Proprio per questo, l'elaborazione di un regolamento realistico e chiaro che elimini ostacoli superflui alla commercializzazione ed al consumo deve essere una priorità assoluta.

04/01/2019

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