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Trattati internazionali: cosa dovrebbe cambiare per legalizzare la cannabis in tutto il mondo

  • La celebrazione a New York della sessione speciale dell’Assemblea delle Nazioni Unite per discutere di questioni che fanno riferimento all’uso di droghe ha evidenziato la necessità di progredire nel contesto internazionale, allontanandosi dalla penalizzazione. Sempre più Stati concordano sul fatto che la soluzione non è quella di incriminare i consumatori.
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Non sono poche le prove che dimostrano un cambiamento di ciclo e un avvicinamento a posizioni più tolleranti circa la coltivazione, la vendita e il consumo di cannabis. L’ultima è stata la firma di un documento alle Nazioni Unite che consentirà agli Stati di sviluppare la propria politica sulle droghe. 

Per realizzare un sogno che appare ogni volta sempre più vicino, bisogna ancora aggirare qualche ostacolo sorto in relazione allo sviluppo legale del settore. Un esempio è rappresentato dai vari trattati internazionali vigenti attualmente: la Convenzione Unica sugli Stupefacenti dell’anno 1961, la Convenzione sulle Sostanze Psicotropiche del 1971 e la Convenzione delle Nazioni Unite contro il Traffico Illecito di Droghe e Sostanze Psicotropiche del 1988. Tre trattati che sono stati firmati da Stati Uniti, Canada, Messico e dalla maggior parte degli stati europei e che obbligano i firmatari a stabilire delle misure legali e a criminalizzare la produzione, la coltivazione, il possesso e il consumo di marijuana.

A seguito della recente Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulle droghe e e della firma di questo documento che consente un cambiamento delle politiche adottate, si può ben sperare in un avanzamento verso la legalizzazione. Dinnanzi ai paesi più conservatori, che continuano a mantenere immutato il loro discorso sugli effetti dannosi delle droghe, quelli più aperti, che optano per politiche più permissive, si stanno aprendo un varco e iniziano a farsi sentire con forza a livello internazionale. La criminalizzazione della marijuana non ha dato risultati, quindi vanno ripianificate nuove soluzioni e metodologie per regolarne il consumo.

Le politiche più accondiscendenti non porteranno vantaggi solo ai consumatori, ma ne garantiranno anche agli Stati che decideranno di adottarle. Da una parte, si ridurrebbero le spese, visto che non dovrebbero più investire fondi nella lotta contro il traffico illegale. Dall’altra, otterrebbero dei benefici frutto delle tasse che andrebbero a dare un po’ di respiro alle casse degli stati. Due vantaggi che si vanno ad aggiungere ai posti di lavoro che nascerebbero in relazione all’industria della cannabis. Tutti questi argomenti sono quelli che i Governi e i ricercatori hanno usato finora per progredire con la legalizzazione.

Il 2016 ha dato il “la” affinché si eliminino quei trattati e inizi così una riforma del panorama legislativo che riguarda la produzione, la vendita e il consumo di cannabis. Gli Stati sembrano capire che la legalizzazione e il commercio regolato forniscono benefici maggiori rispetto alla penalizzazione. Non sono pochi i paesi che hanno già espresso le loro intenzioni; rimane da verificare chi sarà il prossimo a fare un passo in avanti.

03/05/2016

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