direzione nazionale antimafia fallito proibiz

La Direzione Nazionale Antimafia dichiara fallito il Proibizionismo

  • L’italia è da sempre considerata un paese dall’informazione non proprio libera. Proprio nella classifica mondiale del rapporto di Reporter Senza Frontiere l’Italia si posiziona al 73° posto, tra la Moldavia e il Nicaragua. Secondo RSF per quanto riguarda la libertà di stampa l’italia non è un paese sicuro e cita il numero di intimidazioni che subiscono i giornalisti da parte di associazioni criminali e non: durante l’anno passato ci sono state circa 180 casi di aggressione fisica e diffamazione, che fanno pensare ad una vera repressione di contenuti.
direzione nazionale antimafia fallito proibiz

La cannabis in italia è un tema considerato “scomodo” sia per le autorità che per i mass media. E’ strano notare come l’informazione italiana giochi un ruolo principale nella diffusione di notizie legate alla vendita e alla coltivazione di piante cannabis, ma nel momento in cui c’è da trattare temi che in un certo senso contrastano l’opinione pubblica, rimane spesso assente. E’ il caso dell’ultima relazione della Direzione Nazionale Antimafia, che nel 2014 ha avuto un cambio di pensiero radicale nella questione delle politiche sulle droghe e sulla salute pubblica e che purtroppo nè stata una notizia che non è stata minimamente accennata dai canali d’informazione nazionale. Eppure è una notizia che dà un certo scalpore, se si pensa al fatto che dopo anni di repressione brutale nei confronti di una pianta, da un momento all’altro è come se ci si fosse resi conto che in fondo è “solo” una pianta. Tocca dunque regolarizzare il suo uso piuttosto che proibirlo, visto che per ora la cosa più nociva per tutti (stato e cittadini) è stato il proibizionismo.

Il pool di tecnici della Direzione, guidato dal pm Franco Roberti, ha elaborato un testo di circa 700 pagine nel quale si evidenzia il totale fallimento delle politiche repressive degli ultimi anni. Dal momento in cui la legge Fini-giovanardi è stata dichiarata incostituzionale, all’interno della DNA, che ha il compito di coordinare in ambito nazionale le indagini relative alle attività criminali, sono sorti alcuni dubbi circa l’investimento di ingenti quantità di risorse in una lotta che si è dimostrata falimentare, visto che i numeri sul consumo parlano chiaro.

La DNA ha infatti analizzato, in base ai dati forniti in modo oggettivo e statistico, le quantità di narcotico sequestrato, ed evidenzia nel caso della cannabis un aumento impressionante. Come si legge nel testo: “Nel periodo in esame – 1.7.2013/30.6.2014 – si registra un significativo, ma non eccezionale, aumento dei sequestri di tutte le sostanze stupefacenti sopra indicate, fatto salvo il dato sulla cannabis, che evidenziava un rilevantissimo picco di incremento di oltre il 120%.” Si parla dunque di un picco sia della vendita di marijuana che della vendita di semi. Si envice infatti, sempre nel testo, che c’è un fattore che interessa l’analisi del consumo di droghe, che anche nel periodo precedentemente analizzato, “già all’epoca il dato non solo dava conto di un mercato in crescita, ma, anche, di una auto-produzione, per lo più aumentata da micro-piantagioni domestiche diffuse su tutto il territorio nazionale”.

Tra i dati relativi ai quantitavi di cannabis sequestrati ci sono anche le piante che vengono trovate nel caso di coltivazioni casalinghe o a larga scala. Ebbene se nel periodo precedente erano state sequestrate kg 407 di piante, nell’anno successivo ne vengono sequestrate il doppio, circa kg1000. “. Il dato è confermato inoltre dall’aumento delle vendite dei grow-shop per quanto riguarda semi di cannabis autofiorenti e femminilizzati e dal materiale per la coltivazione.

Si parla dunque di totale fallimento delle politiche di contrasto al consumo delle droghe. Il numero di quantità sequesrata va tra 1,5 e 3 milioni kg di cannabis all’anno. E cercando di distribuire la sostanze nel popolo italiano si arriva a constatare “In via esemplificativa, l’indicato quantitativo consente a ciascun cittadino italiano (compresi vecchi e bambini) un consumo di circa 25/50 grammi procapite ( pari a circa 100/200 dosi) all’anno.” In pratica in Italia a fumare cannabis non sono solo i giovani “sbandati” descritti nei programmi di attualità sociale, ma questo è “l’affermarsi di un fenomeno oramai endemico, capillare e sviluppato ovunque, non dissimile, quanto a radicamento e diffusione sociale, a quello del consumo di sostanze lecite (ma, il cui abuso può del pari essere nocivo) quali tabacco ed alcool.”.

Sebbene molti personaggi pubblici, anche se posti di fronte alla realtà dei fatti, continuano ad insinuare gli effetti nocivi della cannabis (a volte con slogan presi dalla propaganda USA anni 30 contro le droghe), nel resto della popolazione la consapevolezza dei benefici di questa pianta si sta ormai diffondendo a macchia d’olio. E’ impensabile d’altronde al giorno d’oggi recriminare una pianta piuttosto che il comportamento deviante, sottraendo quindi tutte le potenzialità di cui molte persone potrebbero giovare. Si pensi solo al potenziale terapeutico del CBD nel trattamento di varie malattie come diabete, malattie della pelle, morbo di Alzheimer per citarne alcune.

Nella relazione della DNA si esorta dunque il mondo politico a trovare al più presto una proposta di legge che possa regolarizzare il mercato della cannabis. Questo sarebbe un tentativo da parte dello Stato di incentivare le risorse statali nella lotta ad altre problematiche, e in un certo senso le libertà individuali delle persone e “ garantire, anche in questo ambito, il diritto alla salute dei cittadini (specie dei minori) e, dall’altra, le ricadute che la depenalizzazione avrebbe in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell’ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite.”.

Se si pensa che fino a qualche anno fa persino i semi di cannabis erano considerati degli stupefacenti (quando invece il principio attivo è totalmente assente) e invece in questi ultimi mesi in Italia vi è perfino una coltivazione di cannabis terapeutica autorizzata dall’esercito, risulta comprensibile che si è arrivati ad un cambio radicale nella considerazione della cannabis e dei principi attivi che essa contiene.

Sarà perchè già da un paio d’anni l’Unione Europea ha deciso di includere nel PIL di ogni singolo stato anche i ricavati delle economie illegali, come droga e prostituzione, dichiarando che i ricavati di questi due settori, visto che è impossibile contrastare il vizio umano, dovrebbero essere sotratti alle mafie e regolarizzati dallo Stato. Oppure si è capito che almeno a livello economico risulta chiaro che sarebbe più proficuo regolarizzare il mecato piuttosto che reprimerlo. Il fatto è che in vista della Conferenza Onu 2016 delle politiche delle droghe, l’Italia dovrà assumere una posizione. Oggi, oltre al lavoro appasionato (ma purtroppo pieno di calendarizzazioni) di politici che stanno cercando, attraverso la formazione di un intergruppo, di arrivare alla realizzazione di un disegno di legge, purtoppo siamo ancora in una fase di stallo e di disinformazione. Quello che c’è ancora da capire da parte di molti è che, come dice Saviano, "la legalizzazione non è un inno al consumo, anzi, è l'unico modo per sottrarre mercato ai narcotrafficanti che, da sempre, sostengono il proibizionismo". 

03/07/2015

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